Thomas Bernhard (nel 1987)
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"Ogni cosa è ridicola, se paragonata alla morte"*
Thomas Bernhard
Un romanzo ambientato nel periodo della Seconda
Guerra Mondiale nasconde, fra le sue pagine, qualcosa di singolare.
Se poi la trama anticipa di qualche anno lo scoppio della guerra,
allora è il romanzo è suggestione. La scrittura evidenzia, in
qualche modo forse incomprensibile ma efficace, la rottura con la
tranquillità e con l’ordine e il breve ma intenso viaggio verso il
baratro. Il tono della narrazione è sempre inquieto e apprensivo e
fa presagire il peggio in una costante attesa di colpi di scena che
come previsto arrivano.
La trama è sempre affascinante e
concitata. Si ha l’impressione di essere fisicamente lì,
a osservare la scena dai diversi fronti del conflitto e
capire di essere ormai spacciati. Credo che questo
sentimento di precarietà nel modo in cui la narrazione
influisce sulla trama sia dovuto al senso di fragile
certezza nella fine prossima della guerra che i
protagonisti del romanzo cercano di conservare fino alla
fine assistendo però al declino del mondo circostante.
Questo è leggere, per esempio, Estinzione del geniale
Thomas Bernhard, un’esperienza che frastorna e obbliga
ad apprezzare la stessa per quello che è. Siamo in
presenza di una solenne e grottesca commedia umana dove
il semplice atto di narrare il proprio passato e la
riflessione, spesso futile, che scaturisce da esso ci
ricordano quanto il culto della memoria abbia influito
maestosamente sulla letteratura novecentesca. |
Chi è Sabrina Bottaro,
l'autrice
di questo testo?
Sabrina abita a Roma ed è laureata in "Lingue e Letterature Straniere" con tesi su Mario Praz in "Storia della critica letteraria italiana" che le ha dato la possibilità di fare uno stage di ricerca presso il Museo Mario Praz di Roma. Si interessa di critica letteraria, cinema, letteratura e scrittura creativa. Ha frequentato un corso di formazione editoriale e lavora come insegnante di lingue presso un centro di servizi didattici e come traduttrice freelance. |
Il romanzo prende forma nel presente per tornare
indietro nel tempo, secondo un lavoro della famosa memoria
involontaria che qui appare però vagamente intenzionale. Un uomo,
rifugiatosi a Roma per eludere la sua famiglia bigotta e opprimente
rimasta nel feudo austriaco di Wolfsegg, nome che verrà ripetuto un
milione di volte nel romanzo sotto forma di rammarichi e
recriminazioni del protagonista, riceve un telegramma che gli
annuncia la morte dei genitori e del fratello. Una volta tornato
nella tenuta il protagonista si trova a faccia a faccia con le due
patetiche sorelle (una di loro ha sposato un «fabbricante di tappi
per bottiglie da vino di Friburgo», un personaggio bieco e
paradossale) e con la sua eredità, la stessa tenuta.
All’improvviso la mente del protagonista ritorna al passato: un
padre ottuso, una madre ignorante, un fratello voltagabbana, due
lamentose sorelle e il loro fanatico collaborazionismo con le SS e
la loro fedele adesione e cieca fedeltà al nazionalsocialismo. Il
leitmotiv è il costante, sempreverde disprezzo del protagonista per
la proprietà di Wolfsegg e la famiglia d’origine in una serie di
lunghissimi periodi proustiani che coinvolgono qualsiasi cosa, dalla
riflessione sul cattolicesimo a quella sulla fotografia.
Ritratto di famiglia nel suo interno in un’epoca terribile,
Estinzione è la cronaca di un odio viscerale che, simile all’amore,
porta il protagonista a speculare sulla sua vita e sul suo passato
dal quale non è riuscito però a fuggire completamente. Il
protagonista racconta il veleno e il disagio, l’acredine familiare e
la matassa d’intrighi, ma egli non intende rendere conto del tempo
andato per ricordarlo, come avrebbe fatto un raffinatissimo Proust,
ma per estinguerlo, per distruggerlo, per dimenticarlo, "perché il
mio resoconto è il solo per estinguere ciò che in esso viene
descritto, per estinguere tutto ciò che intendo con Wolfsegg, e
tutto ciò che Wolfsegg è, tutto."
*commento di Thomas Bernhard quando,
nel 1968, ricevette un premio nazionale austriaco.
Sabrina Bottaro |