Come teatro "ufficiale" dello stato austriaco, il Burgtheater ha dovuto
sopportare varie volte delle ingerenze politiche anche piuttosto pesanti.
- L'imperatore Giuseppe II che nel
1776 gli aveva dato il titolo "teatro
nazionale tedesco" decretò che i pezzi messi in scena non dovevano trattare
degli eventi tristi per non diffondere emozioni negative tra la corte di
Vienna. Molti drammi dovettero essere modificati e ottennero un "finale
viennese", cioè un happy end, persino pezzi come "Romeo e Giulietta" o
"Amleto".
- Durante il periodo del nazismo. gli attori e gli altri collaboratori del
teatro, classificati come "ebrei", furono licenziati o arrestati e non potevano più
lavorare in nessun altro teatro dell'Austria e della
Germania. Alcuni riuscirono ad emigrare all'estero, mentre Fritz Strassni,
uno dei più famosi attori austriaci, fu portato nel campo di
concentramento di Teresienstadt, dove morì poco dopo in circostanze mai
chiarite. Il repertorio del teatro fu pesantemente censurato, i pezzi
teatrali messi in scena dovevano riflettere l'ideologia del nazismo.
- L'influenza della guerra fredda, insieme al fatto che molti protagonisti della scena
culturale viennese avevano supportato il nazismo negli anni 30 e 40,
si fece sentire quando, nel 1953, su iniziativa del Burgtheater e di un altro
teatro viennese, fu deciso di boicottare tutti i pezzi teatrali del drammaturgo
Bertolt Brecht che all'epoca viveva a Berlino-Est e che fu accusato di
avvelenare la scena culturale austriaca con delle influenze comuniste. Questo
boicotto, che durò dieci anni, finì solo nel 1963, quando il "Wiener
Volkstheater" lo ruppe, mettendo in scena, contro molte resistenze, la "Madre
coraggio e i suoi figli" di Brecht ottenendo un grande successo di pubblico.
Oggi, il Burgtheater si è liberato da queste ingerenze politiche e offre
un programma culturalmente molto vasto e stimolante, dai classici fino al teatro contemporaneo.